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In questo articolo, esploreremo 5 delle abitudini più inaspettate e impattanti da integrare nella tua routine quotidiana!
Hai mai fatto qualcosa e perso la cognizione del tempo, sentendoti completamente immerso nel compito?
Quella sensazione è nota come flow: uno stato in cui la mente opera al massimo, senza frammenti disturbanti.
È spesso evocato come “zona”, ma ha basi concrete nella psicologia e neuroscienza.
In questo articolo vedremo cosa sappiamo oggi del flow, quali meccanismi lo supportano, quando è più probabile che emerga e come favorirlo in modo realistico, non con trucchi, ma con leve scientificamente credibili.
Il flow è stato definito da Mihály Csíkszentmihályi come un’esperienza ottimale in cui siamo totalmente assorbiti dall’attività, perdiamo la coscienza di sé e del tempo, e l’azione scorre fluida e senza attriti.

Le condizioni classiche individuate da Csíkszentmihályi includono: equilibrio sfida–abilità, obiettivi chiari, feedback immediato, concentrazione focalizzata, fusione azione–consapevolezza, perdita dell’autoconsapevolezza, alterazione del senso del tempo, senso di controllo, autotelicità (l’azione è gratificante di per sé).
Le ricerche più recenti esplorano i network cerebrali coinvolti: il default mode network (DMN) si disattiva, mentre le reti di attenzione e controllo aumentano la coesione. Il sistema locus coeruleus – norepinefrina (LC-NE) è stato proposto come ponte tra impegno e attenzione sostenuta (ovvero: scegliere se restare nel compito o distrarsi).
Il flow non è uno stato continuo o sempre presente: è episodico, di breve durata, e spesso più probabile in attività con feedback chiaro e sfida calibrata.
Non serve un’impresa estrema.
Il flow può emergere anche in attività quotidiane, purché alcune condizioni chiave siano presenti:
Il compito deve avere sfida sufficiente ma non eccessiva: se è troppo facile → noia; troppo difficile → ansia.
Deve esserci feedback chiaro e ravvicinato sull’andamento del compito: sapere subito se stai andando bene o meno.
Obiettivi chiari: sapere cosa fare in ogni momento.
Minima interferenza: rumori, notifiche, multitasking aumentano il costo cognitivo e riducono la probabilità di mantenere l’immersione.
Coinvolgimento personale / motivazione intrinseca: quando fai qualcosa che senti “vale la pena”, il cervello dà più spazio al focus.

Micro-obiettivi chiari: spezzetta compiti ampi in passi concreti per avere punti di feedback frequenti.
Ritmo di revisione / correzione leggera: ogni poco verifica se stai procedendo bene, ma senza essere il “critico interno” continuo.
Ambiente protetto: elimina distrazioni visuali/sonore più evidenti nei blocchi principali.
Blocchi temporali dedicati: anche sessioni da 30–60 minuti ben strutturate possono dare spazio al flow, meglio se con piccole pause rigeneranti.
Progress feedback: registra (anche mentalmente) piccoli progressi — può essere contare compiti fatti, pensieri risolti, percentuali completate.
Grado di complessità: scegli sempre qualcosa che possa essere una sfida, stimolante ma non impossibile da portare a termine.
Regolarità & allenamento cognitivo: con il tempo, il cervello si “abitua” a entrare più facilmente, perché i circuiti di attenzione e controllo diventano più fluidi.
Il flow non è uno stato permanente; è episodico e fragile — non inseguire “flow continuo”.
Bisogna inoltre riconoscere che non tutte le attività sono “flowabili”: per esempio compiti eccessivamente ripetitivi o astratti senza feedback possono essere complicati da portare in immersione.
E ricorda: se sei troppo stressato o sotto pressione costante, il sistema arousal può impedire il flow.
Lo stesso vale per la consapevolezza che esisti fuori dal compito (es. bisogno fisico, distrazioni urgenti).
Il flow non è una leggenda né un miracolo: è un fenomeno psicologico con radici ben documentate.
Non esiste una “formula magica”, ma puoi mettere in condizioni favorevoli il tuo cervello.
Se ti abitui a proteggere quei momenti di immersione, potrai sperimentare più spesso quel fluido stato in cui “il compito porta te”.
Leggi il mio articolo sul mio blog personale: Flow: l'esperienza ottimale.
Leggi il libro: Flow
Csíkszentmihályi, M. Flow: The Psychology of Optimal Experience.
Dietrich, A. (2004). Neurocognitive mechanisms of the flow state (transient hypofrontality).
Ulrich, M., Keller, J., Grön, G. (2016). Neural signatures of flow.
de Manzano, Ö. et al. (2013). Dopaminergic correlates of flow proneness.
Yerkes, R. M., & Dodson, J. D. (1908). The relation of strength of stimulus to rapidity of habit-formation.
Ericsson, K. A. The Cambridge Handbook of Expertise and Expert Performance.
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